Migranti, scommessa perduta

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immigrati-massa-2-piano-lungoDi Salvo Barbagallo

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Si sta preparando un “piano” per far fronte alla pesante situazione dell’immigrazione: un “piano”, a quanto sembra, che va piano piano. Un “piano” che si insegue da anni e anni, ma che negli stessi anni trascorsi non ha portato soluzioni degni di nota, mentre il numero delle vittime ingoiate dalle acque del Mediterraneo è cresciuto paurosamente, così come è cresciuta l’intolleranza verso questo “fenomeno” che sicuramente non avrà la parola “fine” in tempi brevi.

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Stiamo sfogliando le pagine del nostro giornale, quando “La Voce dell’Isola” era cartacea e si trovava nelle edicole siciliane: con amarezza constatiamo che gli argomenti che trattiamo oggi non sono dissimili di quelli di dieci anni addietro. Ci siamo chiesti: “E’ possibile che in dieci anni non è cambiato nulla?”. No, non è possibile, tante cose sono cambiate, tante cose hanno avuto una “evoluzione”: sono peggiorate. I problemi di dieci anni addietro sono quelli che riscontriamo ancora adesso, aggravati dagli anni che sono trascorsi. Non ci domandiamo il “perché”: la risposta la conosciamo. La “risposta” è paurosamente semplice: la mancanza di soluzione alla radice dei problemi. La questione “immigrazione” è solo uno dei tanti esempi che si possono portare; esempi che noi riproporremo per mostrare (e non “dimostrare”) come chi ha governato il nostro Paese e chi lo governa in questo momento non ha avuto e non ha la “volontà politica” di risolvere veramente le situazioni drammatiche che affliggono l’intera collettività nazionale. Indubbiamente è altrettanto vero che alcune problematiche – come quella, appunto, dell’immigrazione – devono essere risolte in sede Comunitaria in quanto riguardano l’intera Europa, ma per i “fatti” che riguardano casa nostra – vedi gli scandali sui Centri di accoglienza dei migranti – le responsabilità non possono essere scaricate.

Dieci anni addietro Gaetana Pace (Presidente del Centro Internazionale della Cultura e dei Diritti dell’Uomo, scomparsa il 21 maggio 2010) presentava un lungo articolo dal titolo “Il circolo vizioso della clandestinità” dal quale traiamo alcuni passi significativi. Superfluo sottolineare che ciò che è stato scritto il 30 settembre del 2006 corrisponde non solo alla realtà di “ieri”, ma è lo specchio di quanto accade oggi, 12 maggio 2015:

 

Ogni anno, specie durante i mesi estivi, arrivano, su mezzi di fortuna, sulle coste della Sicilia migliaia di immigrati. Molto spesso sono vittime di naufragio e molti muoiono prima di veder realizzato il “viaggio della speranza”, o della disperazione?

Il 18 dicembre 1990, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato e aperto alla firma, alla ratifica e all’adesione la Convenzione Internazionale sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori immigrati e dei membri delle loro famiglie e nella sua risoluzione 55/93 ha deciso di proclamare il 18 dicembre la Giornata Internazionale degli Immigrati. Al 6 dicembre 2001 17 erano gli Stati che avevano ratificato la Convenzione, ne mancavano 3 per entrare in vigore. Non bisogna dimenticare che i flussi migratori non sono il prodotto del XX secolo. La spinta migratoria verso l’Italia e verso gli altri paesi più sviluppati dell’Europa Occidentale rispecchia una realtà mondiale, segnata da profondi squilibri di crescita e di benessere. Il nostro Paese, per oltre un secolo terra di emigrazione, si è trovato, così, negli ultimi trent’anni ad affrontare un rapido cambiamento di ruoli ed è stato chiamato a misurarsi, sul piano politico e culturale con flussi migratori provenienti da varie parti del mondo.

L’immigrazione è la conseguenza di più fattori: economici (estrema povertà), conflitti armati, recessione dovuta agli aggiustamenti strutturali e catastrofi naturali. Il mondo senza dubbio non ha mai assistito a una immigrazione di una tale ampiezza ed è principalmente una fuga dalla povertà. Questa “migrazione dei poveri” riflette una volontà che la restaurazione delle frontiere non potrà mai contenere: i poveri vogliono uscire dallo stato di estrema povertà. In caso di necessità partono con ogni mezzo possibile. L’ineguaglianza crescente – e il suo corollario, l’incapacità di liberare i poveri dalla povertà – riveste una dimensione culturale in ciò che, nei discorsi e nella cultura dominanti inerenti al neoliberismo attuale, “povertà” e “marginali” sono termini spogliati di significato. Nei nostri giorni, i poveri sono individui insignificanti, individui senza voce e che appartengono a comunità che hanno il significato che gli riconoscono gli altri (subalternità). In questo senso possiamo affermare che i poveri non sono autorizzati a esistere sul piano culturale. In altri termini, i poveri sono dei falliti, una disgrazia crescente da eliminare. Questa “nuova cultura” tende d’altra parte a devalorizzare totalmente il loro mondo di significazione, i loro modi tradizionali di acquisizione di conoscenze, le loro modalità tradizionali di baliato e di sussistenza così come le loro forme comunitarie di messa in comune delle risorse.

Non c’è posto che per una sola cultura – la cultura del benessere e del successo, facendone l’oggetto di una promozione vigorosa da parte del sistema di mercato nel mondo intero. I problemi legati alla povertà richiedono delle soluzioni alla base, ma che poggino su politiche e istituzioni appropriate emanate dall’alto. La liberazione dei poveri dalla povertà rappresenta una importante dimensione culturale. Primo, presuppone un coinvolgimento pubblico e il riconoscimento del loro diritto a far sentire la loro voce e a decidere il loro futuro. Secondo, la loro emancipazione è in stretta correlazione con il riconoscimento delle loro conoscenze e dei loro valori.

I flussi migratori massicci che si sono avuti recentemente hanno provocato situazioni che, esponendo gli immigrati alla precarietà e agli abusi, favoriscono le violazioni dei diritti dell’uomo. Non si può negare questa realtà spesso ignorata o deformata.

La mancanza di informazioni concrete nei Paesi di origine sulla regolamentazione in materia d’immigrazione nei paesi di arrivo, unita alla disoccupazione e alle difficoltà di accesso alle cure sanitarie e all’istruzione fanno si che coloro che provengono da Paesi poveri considerino l’immigrazione come la sola soluzione possibile. Nella maggior parte dei casi, la decisione di emigrare non è fondata su consigli e informazioni appropriate.

E’ così che si corre il rischio della immigrazione clandestina e del traffico di persone (…). Quando si parla dei diritti dell’uomo degli immigrati, occorre tener conto di due problemi: il traffico delle persone e il traffico illecito degli immigrati o il passaggio clandestino delle frontiere. Per quest’ultimo gli immigrati versano una forte somma di danaro o ipotecano i loro beni e quelli dei membri della loro famiglia nei loro Paesi di origine; è l’inizio dell’inganno e dell’indebitamento.

Il traffico e lo sfruttamento che vi è associato – il lavoro forzato, l’umiliazione, il maltrattamento fisico e psicologico, il reclutamento per l’industria del sesso, le minacce di morte, la coercizione e l’inganno – hanno delle conseguenze estremamente gravi per le vittime (…). La persona che ha fatto ricorso a procedimenti illegali per passare una frontiera, si ritrova spesso senza protezione dall’altra parte della frontiera, situazione di cui vengono a giovarsi le organizzazioni dei trafficanti. Dai dati dell’Organizzazione Internazionale per l’Immigrazione (OIM), almeno quattro milioni di persone, sul territorio dell’Unione Europea, sono vittime del traffico illegale e 500.000 donne vi arrivano ogni anno per essere utilizzate a scopi sessuali e trattate in modo degradante.

I datori di lavoro che ricorrono a lavoratori privi di documenti e non adempiono il proprio dovere pagando i  contributi sociali si vedono favoriti per la loro nazionalità. Le leggi nazionali, nella misura in cui penalizzano gli immigrati e non i trafficanti, creano, senza che ce ne sia l’intenzione da parte degli Stati, un clima propizio allo sfruttamento e all’inganno. La necessità, da parte degli immigrati, di trovare un lavoro e le loro difficoltà nel trovarlo in condizioni di legalità, fanno di essi una facile preda per le organizzazioni della tratta e del traffico delle persone (…).

Oggi, malgrado tutte le leggi – nel bene e nel male – approvate, studiare la questione degli immigrati significa ancora esaminare la situazione degli immigrati senza documenti. Dire senza documenti significa dire assenza di protezione. Numerosi immigrati che vengono chiamati in maniera discriminatoria “clandestini” erano prima dei rifugiati, dei profughi, e costituiscono una realtà che si ritrova in tutti i continenti (…) .

Disgraziatamente, la violenza verso gli immigrati, provoca sentimenti xenofobi e razzisti, alimenta regolarmente le pagine di fatti deplorevoli. In questo senso, la terminologia utilizzata per definire certi gruppi ha la sua importanza. L’espressione “immigrato clandestino”, che si usa correntemente, suscita una reazione negativa che sfocia, troppo spesso, in violenti incidenti che possono degenerare in gravi violazioni dei diritti dell’uomo.

Ecco perché è giusto analizzare nel profondo le cause dell’immigrazione clandestina e le sue conseguenze e lanciare campagne di informazione coerenti volte a prevenire le reazioni razziste o xenofobe (…). Quali possono essere le misure da prendere per prevenire la violazione dei diritti dell’uomo nei riguardi degli immigrati? E’ necessario che lo Stato – parliamo in questo caso dell’Italia – esamini a fondo i fattori che favoriscono l’immigrazione clandestina nei Paesi di origine e instaurino un dialogo approfondito, sul piano interregionale, regionale e bilaterale (tra i Paesi di origine e il Paese di accoglienza) sulla questione della prevenzione dell’immigrazione clandestina. Bisogna, a questo riguardo, realizzare pienamente il principio della protezione consolare. I Paesi di origine devono creare le condizioni necessarie all’integrazione di tutti i loro cittadini e cittadine per trattenerli sul loro territorio, e mettere in atto, a  livello locale e regionale, programmi e progetti tendenti a rafforzare il sentimento di appartenenza dei cittadini a una data collettività o ad un Paese nel suo insieme. Indispensabili le campagne di informazione tendenti a scoraggiare l’immigrazione clandestina (…).

I Governi dei Paesi di origine devono inoltre collaborare di più con i Paesi di destinazione distribuendo ai loro cittadini documenti validi che permettano loro di rientrare nel proprio Paese in condizioni di dignità e in un termine ragionevole sul piano umano. La detenzione, l’incertezza e la clandestinità, se prolungate, hanno delle conseguenze fisiche e psicologiche che attentano ai diritti fondamentali degli immigrati.

La chiave di successo delle politiche di immigrazione è l’integrazione, nel rispetto delle reciproche diversità ma, senza eguaglianza di trattamento, non ci sarà integrazione possibile. L’immigrazione clandestina non si elimina con il rimpatrio forzato o l’arresto; il problema va affrontato in un’ottica di collaborazione bilaterale con i Paesi di origine (…). Il coinvolgimento dei Paesi da cui provengono gli immigrati deve essere una colonna portante di una strategia per fare in modo che essi possano trovare a casa loro quello che cercano altrove. E poi lotta alla criminalità organizzata che significa anche annullamento delle condizioni da cui sono alimentate le migrazioni, sia nei Paesi di partenza che di arrivo.

Per concludere queste brevi considerazioni ritengo che sia necessario tener conto di alcune vie da seguire:

1. incorporare nel sistema internazionale le migrazioni;

2. regolarne i flussi e le vie;

3. trasformare le motivazioni perché possano diventare una scelta e non una necessità;

4. rendere più sagge le politiche relative;

5. recuperare una cultura e una mentalità in cui la complessità delle culture rappresenti sempre un fatto positivo perché distoglie da concezioni in cui sono ideologizzate la paura e il pericolo rappresentato dall’altro.

Gaetana Pace, Presidente del Centro Internazionale della Cultura e dei Diritti dell’Uomo

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